Nel cuore della cura

Guarderemo il mondo attraverso la luce fioca di una candela ci sfioreremo con le parole silenziose delle sere di dicembre spegneremo le luci di fuori

Hai preso un mucchietto di cose matite spezzate inchiostri sbiaditi dal tempo foto ingiallite racZchiuse dentro una scatola di latta Hai detto voglio liberarmi del

Teniamo aperti i pori della pelle c’è un bisogno di luce di aria di parole nuove Che entrino pure i cattivi pensieri le stanchezze le

Un giro di boa succo di limone e sole sulle labbra senza contare le ore Settembre si lascia dietro il sapore dei pomeriggi lunghi e

Carissim* Anche se la poesia non va in vacanza, non conosce differenza tra pieno e vuoto, si nutre dei luoghi della mente e del cuore,

Nel fondo della materia splende la luce dello spirito Nella tentazione del male è nascosta la potenza del bene Nel desiderio della durata sussulta il

Se chiudi gli occhi il mondo continua ad esistere tu puoi scegliere di non guardare e quello che manca lo puoi immaginare L’orecchio invece non

Non è roba tua non sono tuoi i fiori il giardino quel bambino appena nato il gesto che lo ho ha generato il latte che

Sistemavo la mia stanza troppo disordine mi dicevo non adatto a un luogo di cura Sfioravo le carte il computer i cavi le matite colorate

Qual è il colore del bene? Per la sera farsi buio tradire dissolvere la compattezza del giorno l’alterigia della luce l’infanzia della trasparenza Il mio

Se volete la fine cercate certezze dite è così è questo e non è quello il pane non il vino Se volete la fine stabilite

Non ho scritto una poesia l’ho composta come si fa con la farina e l’acqua poesia pane Ho messo una pausa un trattino uno spazio

Ho sgombrato il pensiero da ogni malinteso per stabilire un nuovo patto tra la radice del cuore e quella del sacro una corda tesa senza

Mentre piego la schiena le braccia il capo le ginocchia un desiderio di terra di madre di odore buono di campi in fiore la mente

È tutto un legare collegare tenere insieme i fili incrociando le nostre singolarità per preparare la dimora della reciprocità Ecco perché cogliere un fiore è

Come lo sciamano prende nel proprio corpo la malattia e lo spirito che l’accompagna così mi appresto a fare cavo il petto e dentro al

Ora ci sono io Mi aspetto Ho preparato riso basmati una tisana e il suono di una campana Mi saluto Bentornato! anche stasera mangeremo insieme

Sei tornata Rimani con me i poeti hanno una piccola isola come dimora nutrono la terra di parole e in cambio si accontentano di un

Verrà il giorno il mese ritornerà l’aprile della fine I nostri occhi distanti racconteranno il gelo del distacco Non temere la memoria non scolorisce la

Stabat mater dolorosa il figlio frutto del grembo suo del desiderio incarnato come la corona di spine sul capo quel figlio suo adorato non c’è

La frase trova il suo ordine fa a meno della dittatura del soggetto che decide la forma del verbo La frase diventa il verso di