Per gettare le basi di questa nuova comunità relazionale dell’eleganza spirituale, occorre apparire eterodossi, problematici, creativi e “disobbedienti”, cioè non convenzionali agli occhi dei nostri progenitori. Rileggere dunque i valori, le radici, le identità, le appartenenze in modo che non siano confini angusti e rigidi ma che diventino terreno fertile per generare nuove prospettive. L’amicizia sincera e i luoghi, i metodi, i percorsi per coltivarla sono fondamentali.
Fondamentale diventa coltivare una nuova saggezza, una mente ecologica che sia aperta, capace di testimoniare ogni esperienza senza chiudersi in punti di vista dogmatici. Anche il linguaggio deve trasformarsi in un ponte che unisce, include, non genera ferite ma occasioni di dialogo, comprensione e cura. L’eleganza e la gentilezza passano anche dal non inseguire il fascino dell’allarmismo catastrofico che genera consenso ma crea opposizione e ferite.
Ogni esperienza moltiplica la propria efficacia se inserita in una logica di rete. Pensare di cambiare il mondo da soli è un sogno eroico tanto affascinante quanto irrealistico. Perché nessuno si salva da solo. Ciò ci porta a immaginare una possibile conversione da realizzare nella prospettiva e con gli strumenti di una nuova civilizzazione antropica, dove l’uomo e la mente ecologica sono protagonisti e in relazione con la natura stessa.