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Racconti di un pellegrino russo

Al cuore del libro

“Per grazia di Dio sono uomo e cristiano, per azioni grande peccatore, per vocazione pellegrino della specie più misera, errante di luogo in luogo. I miei beni terrestri sono una bisaccia sul dorso con un po’ di pan secco e, nella tasca interna del camiciotto, la Sacra Bibbia. Null’altro.”

“Aveva ragione quel maestro, quando mi disse che nel cuore dell’uomo è nascosta una misteriosa preghiera della quale egli stesso non si rende conto, ma che operando segretamente nello spirito, spinge ciascuno a pregare come sa e può”

 

Il libro che propongo oggi, secondo me strepitoso, ha bisogno di qualche parola di presentazione. Definito un “risplendente poema russo”, si tratta di un manoscritto di autore anonimo, poi trascritto da un abate sul Monte Athos ed infine pubblicato nella seconda metà dell’800. La cornice teorica è il cristianesimo ortodosso. È un libro particolare che tu puoi leggere utilizzando occhiali diversi: come una fiaba, come un trattato di mistica ortodossa, come un libro curioso, come metafora sulla vita…

Il libro è la storia di un uomo sconosciuto che, folgorato dalla frase “pregate incessantemente” (1Ts 5,17), abbandona tutto per andare a cercare un maestro che gli insegni come vivere la preghiera continua. Inizia così un lungo viaggio spirituale fatto di silenzio, il nostro cercherà sempre luoghi solitari dove potere leggere e pregare, incontri importanti, su tutti quello con il suo starets (il maestro), ed il progressivo vivere nell’abbandono e nell’essenziale.

Personalmente ho letto e riletto questo libro tante e tante volte ed ogni volta sono stata colpita da un aspetto diverso. Su tutti la vicenda di un uomo semplice che abbandona ogni cosa e con un bagaglio minimo, parte, inizia la sua ricerca. Il suo coraggio mi commuove…

Mentre scrivo mi guardo intorno. La mia casa piena di oggetti, la poltrona da cui scrivo ora sommersa dai libri. Gli studi, alla fine, mi sono stati facili. Ho cercato maestri e guide ed ho avuto la gioia e la fortuna, alla fine, di averli trovati, tutto sommato, facilmente. Ho anche attraversato tempeste, certamente. Ma qui abbiamo un uomo quieto, semplice, un cercatore. Sembra non ci sia bisogno poi di molto, allora. Una mente aperta e limpida, il desiderio di imparare, l’umiltà di cercare un maestro, il coraggio di lasciare il conosciuto e partire. Ecco, credo siano questi i punti per un progetto di vita, per la ricerca di ciò che da senso all’esistenza. “In realtà, noi viviamo lontani da noi stessi e scarso è il desiderio di ridurre questa distanza, anzi non facciamo che fuggire lontano per non incontrarci a faccia a faccia con il nostro vero essere e barattiamo la verità con cose vane.”

Ed allora torno a me, e mi chiedo cosa “muova” la mia esistenza, di cosa sono in cerca e di cosa sono disposta a “lasciare” per raggiungerlo…

Il pellegrino russo vuole imparare a pregare incessantemente, desidera la sua stessa vita diventi preghiera. Da una parte abbandona tutto, dall’altra vuole il tutto. Ma sa che non esiste la formula magica o un percorso rapido per farlo. La scelta è radicale, un pellegrinaggio senza certezze, apparentemente senza programmi, senza possibilità di controllare nulla, e “null’altro”.

Si sente spesso parlare di ricerca della felicità, della ricerca della quiete, della pace. Il nostro pellegrino inizia la ricerca mosso dall’inquietudine, dalla mancanza, dal desiderio di imparare e la pace che trova sempre effimera, mai stabile… ad un certo punto della storia gli viene anche rubata la bisaccia con i suoi unici averi, pane secco e due libri.

Ora, caro amico, spero di averti incuriosito un po’. Magari ti verrà voglia di andare a cercare questo libro oppure no… Magari ti fermerai un attimo e ti chiederai quale sia il pellegrinaggio che tu stai percorrendo, quale la tua meta, quale il tuo bagaglio. Magari sarai curioso di sapere qualcosa di più sulla preghiera e sulla preghiera del cuore, magari no. Non importa. L’importante è che tu possa trovare la tua strada.

Ti lascio però, ancora, con un breve racconto che mi ha raccontato molti anni fa un amico.

C’era un uomo che lavorava tutti i giorni nei campi, dall’alba al tramonto. Ogni sera, tornando a casa, si fermava in chiesa, si sedeva in un banco e stava lì, senza fare nulla. Il curato di quella chiesa ne era stupito e curioso: non c’erano funzioni, la chiesa vuota, l’uomo non sembrava pregasse. Ma ogni sera era lì. Alla fine, roso dalla curiosità, il prete chiese all’uomo che cosa facesse a quell’ora, da solo, in chiesa e l’uomo rispose “porto l’anima al sole”.

Allora, amico mio, buon cammino verso il sole.

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