Insegnamento di A. Sucitto

tenuto al Bodhi College, UK

il 25 novembre 2021

tratto dalla newsletter “Dhamma tracks”

del 26 gen 2024.

Benvenuti di nuovo in questo schermo condiviso. Riesco a vedere sole le vostre immagini piatte, ma provo una sensazione, so che ci sono persone reali dietro lo schermo, esseri umani interessati a questo insegnamento e a questa pratica, che fanno uno sforzo per essere qui e magari riorganizzano anche le loro giornate. Poter dedicare del tempo per approfondire questo tema in questa situazione è di per sé un gesto meraviglioso di apprezzamento e voi ne conoscete la ragione; forse sono diverse le motivazioni che vi spingono ad essere qui: interesse per questo studio, interesse per la pratica o nei miei confronti, bisogno di prendervi una pausa dalla vostra vita quotidiana o qualsiasi altra cosa. Quindi, si potrebbe dire che c’è il sorgere dell’interesse e questo interesse si chiama chanda: motivazione.

Il desiderio ha una cattiva reputazione, perché in genere viene inteso con il significato di thana, ossia sete, brama di afferrare qualcosa, di trattenere.

Chanda è la motivazione che spinge verso qualcosa, thana afferra. Chiaramente si possono confondere; sapete, è un movimento per ottenere qualcosa. Ma l’idea di base è che praticando un po’ alla volta thana viene visto come inganno, un ostacolo al vero raggiungimento dei risultati.

L’energia della brama non dà risultati. E’ naturale che vogliamo ottenere ciò che vogliamo, tuttavia è necessario comprendere che il gesto di voler ottenere ciò che si vuole, quel gesto e quell’energia ostacolano il processo, in quanto questo processo non si completa mai. Vogliamo ottenere, voglio ottenere jahna, voglio ottenere l’illuminazione. E’ comprensibile, ma non funziona anche se la motivazione sembra giusta, provate invece a sentire l’energia e come agisce in voi.

Sforzarsi di andare sempre avanti è un modo di usare l’ energia. Questo è il tema, non è vero? Molti affermano che persino ottenere il samadhi richiede fatica. State andando nella direzione sbagliata, perché in questo modo si crea tensione, ma non vi biasimo. Sappiamo che per ottenere ciò che si desidera con buoni risultati ci vuole impegno e una certa dose di sforzo.

Si deve superare l’esame, raggiungere la promozione e finire il lavoro. Questo lo chiamo “il modello del business“. Al contrario, ciò che stiamo praticando è diverso, si riferisce al presente non al modello legato al futuro, in cui si va sempre avanti per obiettivi, pur avendo una sua utilità.

Anche se vediamo che le cose cambiano, i nostri corpi cambiano, la luce, le stagioni, in realtà ci troviamo all’interno di un ciclo, un’energia che scorre intorno. Ci si sveglia, ci si lava, poi si mangia, si fa attività fisica, ci si siede in silenzio e così via.
L’energia ha bisogno di rigenerarsi per questo si va a dormire. E’ un ciclo. Questo che stiamo vivendo è un giorno e non importa quale sia il suo nome, può essere lunedì, martedì, venerdì, Natale, qualunque cosa sia e ovunque voi siate, il ciclo in cui vi trovate è quello dell’ energia del respiro. Si inspira, si espira, si fa una pausa.

Non è un movimento in avanti, bensì segue un ritmo circolare. Il movimento in avanti si chiama bhava, si unisce all’ esperienza e viene chiamato bhavathana o brama del divenire.

In futuro diventerò. Questo è il tipico modello della nostra vita sociale, tale indottrinamento che adottiamo dall’età di tre, forse cinque anni, non lo mettiamo mai in discussione.

E’ naturale che se voglio ottenere buoni risultati mi devo impegnare. A livello logico è comprensibile, ma non funziona esattamente così, perché quello che stiamo facendo è essere in questo ciclo dell’inspirazione e dell’espirazione attraverso i giorni che passano. Possiamo notare dov’è l’ elemento irregolare, dove il ciclo si interrompe, dove diventa urgente, dove sono gli ostacoli. Affinché il ciclo si muova agevolmente con continuità dobbiamo entrare nel samadhi, così la mente diventa tranquilla, il cuore si calma in uno stato di agio. Si libera dalla febbre della frenesia, dall’illusione, dal desiderio; il Buddha definisce il risveglio come la liberazione dalla brama.

Quando siamo in questo processo di esperienza in cui ci sono dissonanze, disarmonia, diminuzione dell’energia, preoccupazioni e dubbi, ci lasciamo confondere e di conseguenza non ci accorgiamo di essere all’interno di un ciclo.

Siamo su una specie di tapis roulant che procede in avanti nel futuro, correndo, cercando di arrivare finalmente allo stato di benessere tanto ambito: il pensionamento, il Nirvana, la politica del pensionamento. Questo è il modello che è stato stabilito da qualche parte.

Invece, il processo ciclico è ‘akalico’ senza tempo, esso non è legato al tempo come viene scandito convenzionalmente: sono le otto, le dieci, è mezzanotte. No, no. E’ questo il cambiamento che il processo attraversa: il suo movimento diventa circolare, non procede in avanti nel tempo.

Il vostro mondo è l’ ambiente intimo dove sono la vostra consapevolezza, la vostra sensibilità, questo è il vostro mondo. Non sto parlando di geografia. Non si tratta del tempo, si tratta di qualcos’altro. Non conosce il mercoledì o il Capodanno o l’anno scorso. Quello che conosce è il karma, ne conosce le abitudini, sa che si ripetono: ecco che ci preoccupiamo di nuovo, ci arrabbiamo di nuovo, sono di nuovo io e lo sa. È ancora la stessa vecchia mente vagante. Quindi, riconosciamo che c’è qualcosa di molto familiare riguardo a questo mondo, questo mondo intimo. È così familiare. Sono io e lo chiamo me stesso. Questo è il mondo, il vostro mondo intimo. E il Buddha chiaramente ci sta dicendo che non si arriva alla fine di questo mondo viaggiando, ma è attraverso il corpo con la sua coscienza, le sue percezioni e consapevolezza che si manifesta il mondo, la sua cessazione e la liberazione dal mondo.

E’ diretto, vero? Non si tratta del corpo propriamente fisico: spalle, ginocchia, ma dell’ energia incarnata, di questo corpo nervoso per dirla in modo forse troppo semplicistico. Tutto il sistema riflessivo che pensate sia nella vostra testa e mente è in realtà incarnato. Credete di avere pensieri folli nella testa e strani stati d’animo che sorgono dal cuore. In realtà, tutto questo proviene dalla disarmonia, dall’ insensibilità e confusione nel vostro sistema incarnato.

E così continuerà ad essere finché non entrerete in esso e ve ne prenderete cura. Quindi, si potrebbe dire che qui c’è anche il fattore tempo. Di quanto tempo avete bisogno per entrare nel vostro mondo e risvegliavi? Finché non lo fate, continuate semplicemente a ripetere quel processo più e più volte, ci pensate e cercate un sistema per uscirne, pensate ai problemi che avete, al tipo di persona che siete, al tipo di vita che state vivendo e pensate che non funziona, non è vero? Cercate un modo per affrontare gli ostacoli ed uscirne. E magari credete di essere come siete, perché nella vita passata eravate una persona cattiva, o perché siete laici e così continuate a pensare e a credere a ciò che pensate.

Quando entrate nell’ambiente intimo, non c’è nessuna persona complicata, non ci sono monaci, donne, anziani, giovani, c’è solo la sensazione di agitazione, ma allo stesso tempo da qualche parte nel corpo si sperimenta l’inspirazione e l’espirazione. Il respiro è come un richiamo, siamo all’inizio.

Il primo vero e importante fattore si chiama fiducia, essere pronti ad aprirsi. Si può dire alle persone di sperare, ma la speranza non è esattamente la parola giusta, invece mi riferisco alla sensazione di fidarsi semplicemente; fidarsi, ma di che cosa? Dei mezzi di comunicazione? No, fidarsi dei propri pensieri? Direi di no. Cosa ne dite di fidarsi della vita come accade in voi? O del vostro respiro, forse state pensando che potrebbe essere migliore, eppure vi tiene in vita e questa è già di per sé una cosa abbastanza positiva, non è vero? E dato che vi sta tenendo in vita in modo del tutto gratuito, forse potreste fidarvi.

Il Buddha disse che è questa la cosa principale, tutto inizia da qui, perché distoglie dai pensieri, dalle credenze e dalle complicate nozioni su sé stessi, si fa un respiro con fiducia ed è interessante notare come cambi lo scenario. La prima cosa che si incontra è una persona autentica, un ‘sappurisa’ un vero essere, un essere illuminato o semplicemente un essere umano dal cuore sensibile che non si lascia coinvolgere da tutte le sciocchezze che ha in testa, che non crede solo in teorie ed idee; è un essere realizzato davvero, si percepisce perché non si affanna, non si arrabbia, non ha fretta, è stabile, non pensa troppo alla persona e ciò si nota e si percepisce.

Nella cultura buddista la gente va in questi monasteri della foresta solo per essere lì e per stare in presenza di un saggio, per godersi l’atmosfera, le energie. Si sentono rigenerati, ricevono qualcosa a livello intuitivo. Il corpo e il cuore non sono stupidi, si sentono confortati; il Buddha disse che se si trascorre del tempo con un essere autentico e si ascoltano delle parole sagge con tonalità di voce che esprime stabilità, gentilezza o umorismo, osservando il linguaggio del corpo, si comprende tutto nella realtà incarnata e vivente ed è così che avviene la trasmissione del dharma. Invece quando si guarda un libro, si tratta di carta bianca, parole a caratteri neri ben allineate, però non avviene la trasmissione. Solo attraverso l’ascolto di una persona saggia si accende qualcosa.

La maggior parte di noi non dà importanza alla natura, ce la siamo lasciata alle spalle, si vive seguendo i ritmi del lavoro e della vita sociale in strutture meccaniche senza ascoltare il corpo. Abbiamo eliminato la natura perché inefficace a soddisfare tutte le nostre pulsioni e desideri, di conseguenza creiamo sistemi che ci portano a desiderare di più, a diventare più veloci ed efficienti; è una tendenza diventata ormai cronica e molto potente.

Con la pratica entriamo in contatto con la natura in noi attraverso la nostra respirazione incarnata; è stato trascurato così tanto della natura, ma possiamo tornare al respiro con fiducia, cominciando a mettere da parte alcuni aspetti che ci ostacolano come la mente razionale, il desiderio di diventare questo o quello e l’idea che abbiamo su noi stessi.

La pratica ci insegna che chitta-cuore non si esprime in termini di tempo; certo sappiamo di avere 40 anni, 50 anni, 60 o 25. Tuttavia, la consapevolezza non funziona solo in termini temporali. Questo si può osservare quando siamo seduti a meditare, nella nostra mente possono sorgere sensazioni di quando eravamo bambini a cinque anni, oppure proviamo rabbia o abbiamo fantasie da adolescente, possono sorgere ricordi di esperienze accadute 25 anni fa, non sono scomparsi solo perché è cambiata la data sul calendario, non funziona così. E non potete eliminarle semplicemente diventando qualcos’altro in futuro, dovete entrare in questo mondo incarnato con il karma, con le vostre eredità che sono ancora irrisolte.

Alcune di esse si presentano in forma di ricordi, di atteggiamenti come l’indecisione, la procrastinazione, l’insicurezza, ne potremmo elencare ancora degli altri. Sappiamo che il sistema non funziona in modo lineare, ci sono forze che ostacolano, confondono. Allora ci si chiede: “Che cosa sto provando ora? Mi sento disperato”. Bene, ora avete capito. Quando si diventa consapevoli di quello stato il cuore si illumina perché tocca la verità. Questi non sono necessariamente gli argomenti che vorreste sentire, ma avete compreso.

Ora state dicendo la verità a voi stessi anche se siete tristi. E’ così che si inizia invece di continuare a ripetersi : “Sono così” o “Ero così a causa di” e poi pensare a cosa dover fare per cambiare, creando un’identità basata su un problema. Riconoscete di essere svuotati e stanchi. C’è sicuramente un problema qui, ma definirsi inutile non lo risolverà così come cercare di dimostrare di essere migliori.

Potete avere un senso di vuoto e sentirvi privi di energia fisicamente ed emotivamente e siete stanchi di dover sempre compiacere gli altri. Allora vediamo che cos’è necessario qui, forse c’è bisogno solo di un po’ di gentilezza, di compassione. C’è solo bisogno di sedersi con un cuore compassionevole, inspirando ed espirando con benevolenza.

La benevolenza non giudica, non cerca i difetti, perché nulla è mai completamente sbagliato. E’ importante rendersi conto che la diminuzione di energia, l’ insicurezza, l’insoddisfazione di sé non sono una persona, ma dei fenomeni. Quando non ci sentiamo radicati cerchiamo qualcosa che faccia star bene, oppure cerchiamo il perdono da qualcuno, ma perché? Perché mai si hanno queste idee strane come il desiderio di essere perdonati? Chiediamoci invece di che cosa c’è bisogno adesso. Ora serve un po’ d’amore, non solo l’idea in senso astratto, bensì vivere effettivamente l’esperienza senza pressioni, senza nemmeno cercare di cambiare qualcosa, semplicemente respirando, contattando l’esperienza provata e sentendo le zone difficili con fiducia ed energia, che insieme alla consapevolezza sono i leader del risveglio, gli indriya.

La fiducia e l’energia, sostenute dall’intenzione sono la nostra guida, non ci vuole uno sforzo particolare, perchè basta mettere l’energia dove serve.

Invece di utilizzare l’energia nel perseguire idee e obiettivi ipotetici su come si dovrebbe essere, la si usa per curare le ferite, entrando nel proprio mondo con pazienza, determinazione, benevolenza, consapevolezza. Rimanete lì con la consapevolezza senza cercare la prossima cosa, la consapevolezza recide bhavathana (desiderio di divenire), quindi se siamo consapevoli non diciamo: “sono consapevole e quindi otterrò, sono stato consapevole quindi questo problema non dovrebbe esistere”. Essere consapevoli significa essere presenti nel qui e ora e respirare, lasciando che il processo si dispieghi, con un atteggiamento equanime inspiro ed espiro e allora il corpo e il cuore faranno il loro lavoro.

Con la consapevolezza si recide anche il senso del tempo. Voglio dire che invece di essere un io consapevole che si focalizza su un particolare punto per raggiungerne un altro e realizzare qualcosa, lascia andare queste spinte dell’io. Il Satipatthana ci insegna il conoscere diretto: questa è chitta della passione, chitta dell’amore, chitta dell’odio. Con sati, la consapevolezza, si contemplano queste formazioni mentali come fenomeni e non come un Sé, senza essere guidati da un’opinione personale, ma dalla saggezza che sostiene il nostro modo di praticare a prescindere dai risultati.

Seguiamo un oggetto che si muove, perché siamo entrati nel processo del cambiamento e ne vediamo le caratteristiche: c’è dukka, lo stress, la sofferenza e non li consideriamo in termini personali, inoltre non affidiamo la responsabilità del processo a qualcuno, al contrario mettiamo la saggezza in noi stessi.

Notate come le cose cambiano, c’è il cambiamento, si può stare con un processo che cambia: questa è la consapevolezza e si usa il respiro poiché anche il respiro cambia, inspirando si solleva, si abbassa, si svuota, c’è una pausa e si attraversano questi cambiamenti, si segue il flusso del cambiamento come viene sperimentato direttamente nel corpo. E il corpo respira, non è un oggetto, è un processo .

Ci possono essere delle difficoltà, non preoccupatevi, seguite le sensazioni. Portate l’attenzione dove sentite meglio il respiro, può essere l’addome, il diaframma, il torace che si solleva fino al collo, rilassando le spalle, entrando davvero in contatto con il respiro, vi concentrate sul respiro, rilassandovi.

Stare con ciò che cambia con una determinazione costante significa che il vostro processo mentale è diverso rispetto a quando ci si concentra su un unico punto. Quando si osserva il flusso del cambiamento l’energia si modifica, il processo è più leggero, più aperto anche se focalizzato. Ora, per esempio, che vi sto parlando sentite questo flusso di parole mentre mi ascoltate, non siete concentrati su un’unica parola. Cogliete l’intonazione, il tono di voce, le pause, il contenuto, i suoni e comprendete tutto in un unico flusso; è lì che si esprime l’intelligenza e questo avviene in modo del tutto naturale, ci predisponiamo ad ascoltare, lo facciamo con il respiro, riconosciamo che qui c’è un’energia e la mente ora è aperta a riceverla, mentre prima non ci riusciva, perché stava guardando troppo intensamente e in modo ristretto.

Si fa un passo indietro e si ascolta, si nota un certo effetto di illuminazione mentre si respira, un certo effetto luminoso, si può sentire nella pelle, internamente. Tutto sembra illuminarsi, espirando avviene un effetto rigenerante e c’è una pausa quando si svuota, ecco fate attenzione a come cambia l’energia. Sintonizzandovi con la consapevolezza che vi sostiene potete vedere come l’energia si manifesta nel vostro corpo: notate il tremore, la spinta o la contrazione ed è lì dove c’è il problema, in quel tremore improvviso o nella diminuzione dell’energia, c’è un qualche tipo di blocco e naturalmente questo è molto soggettivo, ognuno ha il suo mondo ed io non so dove possano essere i vostri blocchi, ma sono sicuro che sono da qualche parte dove la mente perde il controllo, dove si sente molto ristretta, o sembra davvero essere troppo veloce; non so quali siano questi blocchi, ma so che si verificano e da lì la mente inizia a produrre emozioni, pensieri, ricordi e torna indietro e tutto il corpo segue queste istruzioni.

Perché occuparsene? Perché è nella totalità che i problemi iniziano a risolversi. Facciamo l’esempio di un lenzuolo che dovete stendere sul letto, è tutto attorcigliato, cosa si fa in questo caso? Si esamina il groviglio per capire come si sia formato? Si tagliano le parti aggrovigliate con un paio di forbici? No, probabilmente prima prendete i bordi del lenzuolo e poi lo stendete e le parti stropicciate spariscono.

Eppure mentre stavate guardando quel lenzuolo, vi apparivano delle forme attorcigliate, delle parti più scure, non vi piacevano. Come se un brutto pensiero o una spiacevole emozione fossero in quell’intrico con l’intento di risolverlo.

E dunque chiamiamo Samatha la pratica di stendere il lenzuolo “Passam bhavam kaya samskara” [N.d.T. Non so se come ho scritto in pali sia corretto, non mi sono chiare le parole], ossia rendere stabile e calmare il corpo come un lenzuolo che viene dispiegato, iniziando a vedere i modelli energetici sottostanti basati sulla confusione e la visione erronea, in cui si è sempre alla ricerca di gratificazione, di sicurezza, di essere più solidi, di avere qualcosa, di essere una persona.

Con la visione profonda si esplora la persona che creiamo, non c’è nulla di male nella persona in sé. Purtroppo, però, la persona ha origine da una distorsione chiamata identificazione. La persona dice: “questo è il mio corpo, vivo in questo corpo”. Come può il corpo essere mio, l’ho creato io? Posso farlo diventare più grande? Posso cambiare la sua forma? No. Posso arrestare il suo invecchiamento o eliminare il dolore? Posso far crescere un altro braccio? No. Non posso farci niente, non l’ho creato io, non posso evitare che muoia. Come posso dire che è mio? Volere che sia mio, si chiama confusione e la confusione ci dà qualcosa a cui aggrapparci. Così stiamo vedendo le formazioni irrazionali dell’afferrare.

Rinunciare al corpo come io-mio non significa distruggerlo, significa solo lasciare che il corpo sia parte della natura, lasciare che sia parte del processo del respiro, lasciare che sia la manifestazione della vita. Tutto ciò permette di godere del corpo molto di più che considerandolo come un sé, un’ entità. Se vi identificate nel corpo come io-mio, penserete che è forte abbastanza, oppure che il mento è troppo molle, troppo piccolo, troppo grande, troppo debole. Questo è ciò che succede a causa della brama. Si dice che conoscendo la natura di un albero, si conosce la vera natura di tutti gli alberi. Ogni albero è bello, è buono.

Si può controllare la propria mente? Si può dire alla propria mente di non preoccuparsi o di provare gioia? Da dove vengono tutte quelle parole che volano nella testa? Siete voi che avete creato il linguaggio? No, lo avete imparato.

La mente è un processo che assorbe, assimila i fenomeni e li elabora, crea cose. Una mente altamente indottrinata dai media, dalla scuola, dal lavoro. La osserviamo con un certo distacco, non dobbiamo liberarcene.

So che dentro di me c’è la consapevolezza, che non è mia, non è un sé. E’ un’intelligenza consapevole che può diventare sempre più felice e più stabile, non è importante pensare, preoccuparsi, ci si concentra solo su l’espirazione coltivando la pazienza, lasciando andare il futuro, il passato, l’identità. La mente diventa così più serena ed entra in uno stato di calma nel samadhi.

Ricordate che lo scopo della pratica insegnata dal Buddha è smettere di soffrire, non riguarda la soluzione dei problemi inerenti alla mia identità, o se esisto o a qualsiasi altra cosa. E’ solo per smettere di soffrire, così invece di pensare che se faccio questo raggiungerò la fine della sofferenza, si fa subito, possiamo ora riconoscere dov’è la sofferenza e quali sono le sue cause: la brama, l’ignoranza, la visione erronea, il sistema del sé, l’ossessione dei pensieri, la non accettazione delle cose che sono caotiche e l’assenza di fiducia nel vostro corpo che respira.

Portate l’attenzione sul corpo e farà il lavoro per voi. In questo modo il vostro impegno nella pratica vi sta già procurando gioia, perché sapete che state facendo qualcosa di autentico, siete competenti e capaci, avete le risorse che sono insite in voi ed è giusto così.

Dovete solo conoscerle e imparare a gestirle, imparare come stare con loro e così lavoreranno per voi, questo know-how (saper fare) è saggezza. La saggezza non è un insieme di teorie. La saggezza è semplicemente sapere come fare. Sapere come incontrare l’autenticità e come fronteggiare le difficoltà che sorgono e questo si impara perseverando, proprio come quando si impara a nuotare; all’inizio entrando nell’ acqua ci si muove a caso per un po’ finché il corpo non sarà in grado di stare a galla e coordinare i movimenti. La visione profonda e la calma lavorano insieme allo stesso modo. La visione profonda si focalizza su queste idee del sé per giungere ad una condizione permanente chiamata Nibbana o realizzazione. Il lavoro della saggezza profonda è quello di riuscire a vedere gli aspetti del sé legati alla percezione temporale e all’ identità con un certo distacco.

Le cose, il tempo, l’identità sono solo concetti che hanno un effetto su di voi e voi non dovete e non potete liberarvene. Si possono solo lasciar andare, poichè il vostro mondo intimo non è un’identità che si manifesta nel tempo, bensì nel karma, ossia nell’ eredità di cose che sono state accumulate. Karma significa anche che c’è possibilità d’azione e quindi vi potrà condurre fuori da quel problema, ma ci vuole del tempo e una certa continuità attraverso i cicli di non-coinvolgimento e di distacco, che sono essenziali.

Ora vi lascio alla vostra pratica, alla vostra intima esperienza con il mio augurio ed incoraggiamento.