Ottobre 2024, Assisi

Mi trovo ad Assisi, in una casa vicina all’armonioso centro Ananda, costruita secondo l’architettura vastu. La prima cosa che mi viene mostrata è uno Sri Yantra – un disegno in geometria sacra – del principio femminile. Le grandi finestre aprono le pareti alla vista delle colline. Con mia sorpresa in questa intervista di gruppo a maestre di yoga trovo anche tre uomini presenti.

Uno di loro, Shantidev, racconta la sua percezione del divino: “Parlo di dio, o campo più grande, come Divina Madre. Non c’è separazione tra Divina Madre e guru. È la vita stessa. Mi sento molto più attratto dal divino femminile che da quello maschile. Ci sono tantissime diverse frequenze di questo divino femminile in India: Lakshmi, Sarasvati, la Devi, Durga Kali… Al centro della percezione come punto di luce, o nel punto centrale della stella dell’occhio spirituale, lì c’è l’adorazione della dea. Nel centro della percezione interiore, nel nostro perno o ovunque caschi l’occhio o il filtro della nostra attenzione in ogni momento della vita, lì c’è Lei, dove vibra la vita.”

La dolcezza con cui comunica questo grande sentire mi riporta alla mia esperienza. La Madre Divina l’ho incontrata nel Gange. A Rishikesh mi bagnavo tutti i giorni nell’acqua smeraldo che è un corpo sciolto che corre e brilla. Sentivo le sue correnti sottili, gelate, scorrere attraverso le mie ferite, come mani di madre. Un’acqua con le orecchie, che raccoglie, da secoli, preghiere; che si è fatta i muscoli a forza di sostenere umani che all’alba e al tramonto portano da lei i dolori e le storie intricate del proprio cuore cieco, della famiglia, dei parenti. La vedo ancora brillare quell’acqua, in ciotole di rame sollevate al cielo in un inno; sillabe sanscrite di mantra e di testi antichi per comunicare con Lei che è in ogni cosa e oltre tutto. La profondamente adorata. La Dea.