Apro la bocca e dico la rima Ride il silenzio che c’era prima Un filo brilla fra le parole Mare con mondo, luna con sole Un filo piccolo che tiene insieme Fiore con fiume, sole con seme E ora vicine le cose lontane Come le perle di belle collane Danzano in tondo perché, se tu vuoi Mondo fa rima con Noi Bruno Tognolini Cercare di accedere alla vita nascosta delle parole che vengono condivise nella relazione di cura, permette di aprire un varco nelle storie che ascoltiamo, di introdurre uno spiraglio di luce poetica negli abissi dolorosi del cuore umano. Forse, in questo modo, ritroveremo la magia dell’infanzia, quando ogni parola custodiva un incantesimo, e una penna diventava una bacchetta magica, facendo aprire e chiudere porte, dissolvere paure con il soffio di una vocale, accendere una luce nel buio fitto della notte. Nell’infanzia le parole assumono una qualità precisa: sono intimamente domestiche, anche se non sono state ancora addomesticate. Ogni bambino, infatti, costruisce la sua lingua privata, incomprensibile per gli adulti, una sorta di piccolo dizionario segreto, nascosto in un posto introvabile della casa, che continuerà a esistere per sempre, nel luogo sicuro della sua anima. Come ci ricorda la scrittrice Ursula Le Guin, è fondamentale mettere sullo sfondo la cosiddetta “lingua padre”, scientifica, razionale, la lingua del potere, e recuperare pienamente il rapporto con quella “lingua madre”, che contempla il linguaggio della relazione, che include i silenzi, le pause, la cadenza ritmica, la sospensione del significato, per lasciare spazio a un’espressione più autentica del proprio sé, una lingua al limite del canto. Chiediamoci, dunque: quale lingua abitiamo? Di quali parole ci nutriamo? Ci sentiamo rappresentati dalle parole che usiamo?
INCONTRO SULLA FRATERNITÀ
INCONTRO SULLA FRATERNITÀ Alla presenza di rappresentanti di diverse tradizioni spirituali al Santuario di Graglia Il 5 ottobre 2025 pomeriggio Parteciperà all’incontro la