Le parole sono importanti 2 parte

Nel cuore della cura
Apro la bocca e dico la rima
Ride il silenzio che c’era prima
Un filo brilla fra le parole
Mare con mondo, luna con sole
Un filo piccolo che tiene insieme
Fiore con fiume, sole con seme
E ora vicine le cose lontane
Come le perle di belle collane
Danzano in tondo perché, se tu vuoi
Mondo fa rima con Noi

Bruno Tognolini


Cercare di accedere alla vita nascosta delle parole che vengono condivise nella relazione di cura, permette di aprire un varco nelle storie che ascoltiamo, di introdurre uno spiraglio di luce poetica negli abissi dolorosi del cuore umano. Forse, in questo modo, ritroveremo la magia dell’infanzia, quando ogni parola custodiva un incantesimo, e una penna diventava una bacchetta magica, facendo aprire e chiudere porte, dissolvere paure con il soffio di una vocale, accendere una luce nel buio fitto della notte. Nell’infanzia le parole assumono una qualità precisa: sono intimamente domestiche, anche se non sono state ancora addomesticate.
Ogni bambino, infatti, costruisce la sua lingua privata, incomprensibile per gli adulti, una sorta di piccolo dizionario segreto, nascosto in un posto introvabile della casa, che continuerà a esistere per sempre, nel luogo sicuro della sua anima.
Come ci ricorda la scrittrice Ursula Le Guin, è fondamentale mettere sullo sfondo la cosiddetta “lingua padre”, scientifica, razionale, la lingua del potere, e recuperare pienamente il rapporto con quella “lingua madre”, che contempla il linguaggio della relazione, che include i silenzi, le pause, la cadenza ritmica, la sospensione del significato, per lasciare spazio a un’espressione più autentica del proprio sé, una lingua al limite del canto.
Chiediamoci, dunque: quale lingua abitiamo? Di quali parole ci nutriamo?
Ci sentiamo rappresentati dalle parole che usiamo?

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