La poesia nella relazione di cura

Nel cuore della cura
Poetica è la cura quando pone al centro la relazione come luogo per abitare poeticamente le storie, il dolore, la fatica e il desiderio di essere fino in fondo se stessi. 

Poetica è la cura nel momento in cui si passa dal sintomo al simbolo, per dare voce all’anima che sta cercando di manifestarsi, e aspetta di essere accolta, narrata, rivelata. 

La “poiesis”, il fare della poesia, trova allora nel “fare anima” come un accordo, una comune proposta di ricerca: la parola poetica diventa lo strumento più importante per accedere alla nostra vita interiore, per trasformare il linguaggio in prosa della vicenda esistenziale, la trama, la logica causale e temporale, la partitura monotona di una musica che non riesce più a cambiare, nel linguaggio colorato, sintetico, metaforico, della poesia, con l’epifania di consapevolezza che essa dischiude e fa sbocciare, come un fiore nel giardino della coscienza. 

La poesia aiuta a guardare, mette in contatto lo sguardo con la parola ed entrambi con la verità del cuore. 

È una voce che viene dall’infanzia, dalla bocca di quella bambina e di quel bambino che siamo stati, e che erano ancora capaci di meravigliarsi di fronte a un cielo stellato, cercando nel passaggio delle nuvole un pupazzo, un animale, uno spavento, un sogno, comunque il profilo di un desiderio inesprimibile con le parole. 

“Penso che la poesia sia necessaria, non utile”, scrive Chandra Candiani. 

E continua: “La poesia insegna a ricevere le parole, a farsi dire dalle parole, quindi è una faccenda di umiltà, di attesa, di spiazzarsi per non dire opinioni ma memorie antenate o fulmini intuitivi, lampi di futuro. È un dono e come tutti i doni può andare perduta o spezzarsi e come tutti i doni ci vuole gratitudine e ricettività e anche sapere che non ci appartiene. Mi sembra che l’esistenza stessa della poesia dica che il male è attraversabile e trasformabile. La poesia insegna a sostare e a perdere l’illusione del controllo”. 

Come introdurre dunque il linguaggio della poesia nell’esperienza della cura? 

Innanzitutto sviluppando una sensibilità all’ascolto della parola dell’altro, per farlo diventare ascolto poetico, scevro da qualsiasi tipo di pregiudizio, e soprattutto capace di sostare nell’incertezza del significato, rinunciando al “corpo a corpo” tra capire e spiegare, per accogliere la musica che sta tra le parole, dietro le parole, e farla risuonare dentro di sé. 

A questo primo passo ne segue un altro, un po’ più delicato: scegliere le parole più adatte, le più belle, intonate emotivamente, che contengano il succo della carne viva, seguano la traiettoria del respiro, che va dalla pancia al cuore, mettendo a folle il pensiero e lasciando via libera all’autenticità cristallina della parola seme, la parola suono, la parola che cura. 

“L’anima, o caro, 
si cura con certi incantesimi, 
e questi incantesimi 
sono i discorsi belli”. 
Platone, Carmide. 

Infine l’ultimo passo, che offre la possibilità di usare la parola scritta, in modo che emerga tutta quella parte creativa rimasta intrappolata, ingabbiata nella morsa della sofferenza. E con essa la vitalità dell’essere che finalmente si può sprigionare. 

Scrivere usando le proprie parole che comprendano anche le parole dell’altro. Sentire insieme. Poetare insieme. Come ci ricorda Bobin, “abitare poeticamente il mondo”. 

E ancora vengono a ispirarci i versi di Chandra Candiani, tratti da “ La domanda della sete”, che sento possano rappresentare in qualche modo l’essenza di queste riflessioni sull’importanza della poesia nella relazione di cura. Chi parla è il corpo, che si racconta e racconta delle sue ferite. 

Possa ogni nostra ferita diventare con l’aiuto della poesia una piccola feritoia, da cui si riesca ad intravedere la luce della guarigione. 

“I piedi hanno un grande arco 
per disegnare il bordo del mondo, 
le mani addomesticano il dolore, accarezzano, come un gesto 
che prende il posto del pensiero. 
L’ombelico è la nostra ferita, 
la ferita di essere al mondo. 
La pelle è educazione sentimentale. 
La bocca è la cucina del cuore, 
lí si preparano le feste e i lutti.” 
Chandra Candiani.

Auguro a tutti una serena estate.
Ci rivediamo a settembre
Altri ritiri ed eventi