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Il rospo dagli occhi gialli

Fiabe del cuore

Questa fiaba è dedicata a questo bellissimo rospo che ho avuto il privilegio di incontrare una mattina di novembre. In questi mesi la possibilità di camminare in collina, sotto gli alberi è stato un balsamo per il cuore così come ogni incontro fatto: una radice, un albero, il muschio, la corteccia, il picchio, il coniglio nano e il rospo sono doni che mi riempiono di gioia e gratitudine e si dipingono nella memoria come momenti speciali. Grazie!

 


 

C’era una volta, in un bosco lontano da qui, ma non troppo, in un tempo lontano da ora, ma non troppo, uno stagno molto speciale.

In questo stagno viveva una tribù di rospi composta da rospi guerrieri, rospi saggi, rospi costruttori, rospi cantanti e anche rospi principi e regine.

Tra i rospi principi ce n’era uno molto bello, con una pelle particolarmente grinzosa e ruvida e gli occhi di un giallo intenso. Era tanto tanto vanitoso, gli piaceva essere guardato e ammirato per il suo aspetto fisico, pero non si era minimamente accorto che nel villaggio c’era una rospetta graziosissima, sua amica d’infanzia, innamorata di lui.

Il rospo dagli occhi gialli non solo non si curava di lei: addirittura la trattava male.

La rospetta soffriva molto, così, un giorno, andò a trovare il suo vecchio zio che abitava fuori dallo stagno, oltre i giunchi, dopo il gruppo di faggi e aldilà delle querce.

Lo zio viveva in isolamento perché non era ben visto dagli altri rospi: di lui infatti si diceva che conoscesse le arti della magia rospesca, ma che fosse troppo pasticcione e che in passato avesse provocato grandi disordini, portando zizzania nel villaggio.

Non appena vide lo zio la rospetta scoppiò in lacrime, raccontando quanto era innamorata, ma anche come si era sentita umiliata e offesa dalle parole del rospo dagli occhi gialli.

Lo zio la ascoltó in silenzio e terminato il racconto le disse: “Rospetta cara, mi dispiace molto per il tuo dolore… ma dimmi: se il rospo dagli occhi gialli avesse un altro aspetto tu lo ameresti lo stesso?”

La rospetta calmó un poco i singhiozzi per poter rispondere:  “Caro zio, credo di sì. Quando eravamo piccoli eravamo inseparabili, giocavamo sempre insieme, eravamo complici. E’ pur vero che adoro la sua pelle cosí viscida e rugosa e che i suoi occhi sono di un giallo penetrante, ma io sento la mancanza del mio amico di giochi. Da quando lui si preoccupa soltanto di essere guardato e ammirato dagli altri non ha più spazio per me.”

Lo zio rimase in silenzio per un po’, poi, scrocchiandosi le zampette disse “ Nipote mia, sono un po’ fuori allenamento, ma credo di poter fare una pozione che possa aiutare il tuo amico a vedere ciò che per lui è per davvero importante, che va oltre il suo aspetto fisico”.

La rospetta ringrazió lo zio, prese la pozione magica e torno al suo stagno. La mattina seguente, con un sotterfugio la fece bere al rospo, che in un battibaleno si trasformò in un essere veramente disgustoso per i rospi…un essere umano!

Il rospo dagli occhi gialli si ritrovò, suo malgrado, trasformato in un umano: in realtà non sapeva che cosa fosse davvero perché non ne aveva mai visto uno. La prima cosa strana que notó fu che tutto ciò che prima gli sembrava immensamente grande improvvisamente era diventato piccolo. I rospetti e le rospette, così adoranti verso di lui, ora sembravano tremendamente spaventati e inorriditi dal suo aspetto (nonostante lui fosse sempre se stesso dentro!) e scappavano al suo passaggio. Rospo si accorse di avere due gambe e due braccia: “Forse è più facile camminare solo su due zampe che su quattro” pensò, ed iniziò a camminare.

Scese la sera e si sentí un po’ stanco, si sedette per terra e si addormentò. Quando aprí gli occhi vicino a lui trovò una coppia di umani e un cane. “Oh povero ragazzo, sembri molto spaventato e chissà che freddo avrai! Non aver paura, puoi venire a casa nostra, ti daremo da mangiare e da bere e vedrai che dopo un bel bagno caldo ti sentirai meglio.” Dopo essersi presi cura di lui, i due signori cercarono di capire che cosa fosse successo a questo ragazzino, ma lui non parlava, si limitava a sorridere, non solo con le labbra, anche con i suoi occhi gialli: il ragazzo-rospo infatti era molto contento di sentire quello strano corpo cosí caldo ora, gli piaceva la sensazione della pancia piena e avrebbe voluto tanto trovare le parole per ringraziarli. Il ragazzo-rospo peró passó davanti ad uno specchio e l’esperienza non gli piacque, anzi: si spaventò e pensó che il corpo che vedeva fosse repellente.

I due anziani decisero di tenerlo con loro e gli insegnarono a parlare: il rospo-ragazzo si sentiva voluto molto bene.

Gli umani avevano abitudini particolari ed uno strano rapporto con le cose della natura: per mangiare la frutta e la verdura, ad esempio, si dovevano usare aggeggi freddi e brillanti, che loro chiamavano posate. “Perché non prendere il cibo con con le mani?” pensava il ragazzo-rospo “Gli umani non sanno cosa si perdono! E’ una sensazione unica quella che si prova toccando un frutto o una verdura”.

I signori, in giardino, quando piantavano le piante o toglievano l’erba, usavano poi dei grossi guanti: “Chissà perché hanno tanta paura di entrare a contatto con la terra! Probabilmente la carezza delle foglie o dell’erba a loro non piace. Peccato! Non sanno cosa si perdono”.

Lui, per esempio, per la prima volta scoprí quanto era emozionante poter piantare una pianta e non aveva mai fatto un’esperienza simile.

Un’ altra cosa che non gli piaceva era l’odore del sapone, che inspiegabilmente invece gli umani amavano tanto. Dagli umani aveva appreso peró anche abitudini che adorava: era molto felice di poter stringere la mano a qualcuno e abbracciarlo e sentiva il suo cuore riempirsi di calore quando questo avveniva.

Passarono i mesi e a lui mancavano molto il suo stagno, la sua famiglia, i suoi amici, e anche rospetta. Tutti i giorni faceva delle passeggiate nel bosco alla ricerca dei rospi a lui cari, ma purtroppo di loro neppure l’ombra. Il bosco, peró, lo consolava molto: con i suoi odori, con il canto soave degli uccellini, ed essendo così alto ogni giorno poteva scoprire particolari che dal sottobosco dove prima viveva non avrebbe mai potuto vedere.

Anche rospetta sentiva moltissimo la sua mancanza ed ogni giorno cercava il ragazzo-rospo, sentendosi preoccupata e dispiaciuta per lui. Si era fatta preparare un’altra pozione dallo zio, che a suo dire avrebbe dovuto farlo tornare rospo, anche se lei temeva un po’ lo potesse trasformare in un altro bizzarro animale.

Un giorno, camminando nei pressi della casa, il ragazzo-rospo sentì un rumore familiare provenire da alcune foglie posate sull’erba in giardino. Si chinó per avvicinarsi piano piano a quelle foglie, quando si accorse che c’era… una rospa!  La rospetta non saltò via, anche se aveva il cuore che batteva forte forte. Il ragazzo-rospo riuscì a prenderla tra le mani, la guardò negli occhi sperando con tutto il cuore che fosse davvero rospetta e senza pensare troppo a quello che stava facendo la bació.

In quel momento esatto il ragazzo-rospo ritornò ad essere il rospo dagli occhi gialli.

Rospo e rospetta si abbracciarono, piansero e si scusarono l’un l’altro.

Da quel momento peró tutto cambió: il rospo dagli occhi gialli, infatti, inizió a vivere la vita in modo diverso. Adesso assaporava ogni istante, si meravigliava ogni volta che toccava la terra umida o l’acqua dello stagno e non nascondeva piú l’affetto che provava per le persone a cui voleva bene.

E non passó una sola sera senza che andasse a gracchiare sotto la finestra della coppia di anziani che erano stati tanto amorevoli verso di lui, eternamente grato di avere nel cuore tanto amore sia per gli umani che per i rospi.

 

“Se il rospo dagli occhi gialli vuoi incontrare me devi venire a trovare…Con i tuoi occhi grandi devi cercare e tra le foglie gialle lo puoi scovare.  Se non lo dovessi incontrare solo una cosa devi fare: altre meraviglie puoi notare e una fiaba anche tu puoi inventare”

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