Filosofare è imparare a morire,
ma soprattutto a vivere,
e la saggezza più grande sta nell’accettare che non possiamo comprendere tutto
e saper dare comunque un senso alla nostra vita,
accogliendo il mistero che la abita e che la rende talvolta incomprensibile,
ma non per questo meno bella.

Caro lettore, lettrice, bentornato/a in questa nuova pagina di “a modo mio”.

Meditare sulla morte è meditare sulla vita. Sembra un paradosso, soprattutto se ragioniamo con mente dualistica: la morte ci appare come quella cosa, contrapposta alla vita, che ci aspetta inesorabilmente, ma che ignoriamo o fuggiamo, che rimandiamo, e che ci provoca disagio quando in qualche modo la incontriamo. Eppure, se vedessimo con la lente di ingrandimento, potremmo vedere che tutto ciò che esiste si trasforma continuamente, e che vita e morte sono due lati di una stessa medaglia, indivisibili e intrecciati: c’e’ sempre un po’ di morte nella vita e un po’ di vita nella morte. Basta tornare in mezzo alla natura, in un bosco, per riscoprire il senso di naturalità e armonia, di equilibrio tra vita-vecchiaia-morte di tutto ciò che esiste: la morte si trasforma in cibo o concime per qualcos’altro, contribuendo al miracolo della vita che si perpetua. Allo stesso modo, anche nel “bosco” della nostra interiorità, la “morte” può fertilizzare il terreno per germogliare e fiorire nuova vita: dal fango nascono i fiori di loto.

La paura della morte a volte ci paralizza, ci riporta alla nostra fragilità, alla nostra vulnerabilità. Ma se smettessimo di fuggire, se ci mettessimo di fronte alla morte e la guardassimo in faccia, se l’accogliessimo e la integrassimo nella nostra vita, potremmo riuscire a vedere che la vita è un dono prezioso. Cercheremmo allora di non sprecarla più, di viverla pienamente, giorno dopo giorno, momento dopo momento, senza rimandarla a quando sarà tutto in ordine, perché tutto in ordine mai sarà. La morte diventerebbe per noi maestra di vita, consapevolezza sì dell’impermanenza, ma anche del valore immenso della vita.

E’ questo lo scopo del suggestivo libro di Simone Olianti, psicologo e docente di etica e psicologia della religione. Un appassionante saggio ricco di spunti di riflessione, citazioni e ispirazioni psicologiche, filosofiche, spirituali e religiose, tra le quali sicuramente troveremo quelle che sentiamo più “nostre” e che vorremo provare a coltivare e vivere. Un invito a sviluppare coraggio e responsabilità, consapevolezza della vulnerabilità, amore per la vita  e allenamento a vivere più leggeri, sorretti da una solida fiducia/fede e da una ferrea speranza, quel “farmaco” miracoloso, “passione” del possibile, che ci aiuta a ritrovare un senso per la nostra vita anche quando niente sembra avere più senso. Giungeremo allora alla gioia, quella gioia del puro esistere e vivere il miracolo gratuito e il mistero di ogni cosa, al di sopra di tutto, nonostante tutto, vivendo ogni giorno il mistero della “resurrezione”:

Vivere da risorti è avere occhi nuovi, uno sguardo verginale e limpido sulla vita e anche sulla morte;
è intravvedere il sentiero e camminare, nonostante inciampi, cadute e qualche cicatrice, sulla via della gioia.

Faremo l’esperienza di ritrovare frammenti di Dio dentro noi e un poco di eternità in ogni istante presente, vissuto con pienezza. Saremo amore oltre i confini del nostro io. Ci impegneremo a “costruire la nostra umanità per fare della nostra vita un’opera d’arte“.

Buona lettura e buone ispirazioni.

[Maurizio Brigandì, volontario progetto PienEssere APS]