“Viviamo nella ‘società dei consumatori’,
il cui valore supremo è il diritto/obbligo alla ‘ricerca della felicità’
– una felicità istantanea e perpetua
che non deriva tanto dalla soddisfazione dei desideri ma dalla loro quantità e intensità.
Eppure, dice Bauman, rispetto ai nostri antenati noi non siamo più felici:
più alienati semmai, isolati, spesso vessati, prosciugati da vite frenetiche e vuote,
costretti a prendere parte a una competizione grottesca per la visibilità e lo status,
in una società che vive per il consumo e trasforma tutto in merce.
Ciononostante stiamo al gioco e non ci ribelliamo,
nè sentiamo alcun impulso a farlo.”
[Dalla quarta di copertina]
Caro lettore, lettrice, bentornato/a in questa nuova pagina di “a modo mio”.
Nel nostro cammino verso il benessere e la liberazione non possiamo prescindere dal considerare la società in cui viviamo, le sue caratteristiche, il modo in cui condiziona il nostro pensiero e il nostro comportamento, i nostri desideri e le nostre paure.
Nel corso della storia l’avanzare del capitalismo e del progresso tecnologico hanno determinato la trasformazione dell’individuo da produttore a consumatore, costantemente manipolato nei desideri e gusti, nelle opinioni e sentimenti, ad opera di un flusso incessante di informazioni e stimoli provenienti da mass media e pubblicità, televisioni e cellulari, industrie e governi, social networks, negozi reali e virtuali, grandi centri commerciali. Siamo pertanto continuamente indotti a desiderare in quantità ed intensità sempre maggiore, a cercare la gratificazione impaziente ed immediata del “tutto e subito”, “qui ed ora”, a portata di “click”, acquistando, accumulando e consumando “merci” di ogni tipo in ogni aspetto della vita, per aumentare continuamente il nostro benessere, raggiungere “perfezione” nel nostro aspetto, “rifarci l’identità” e sfoggiare uno status sociale più elevato e più rispettabile, allontanando così la paura di sentirci inadeguati, mal giudicati ed emarginati socialmente. Siamo attratti da – e scegliamo tra – un’infinità di prodotti pubblicizzati sempre nuovi, di cui non conoscevamo neanche l’esistenza, che rendono obsolete le merci possedute (spesso gettate tra i rifiuti senza neanche averle godute) e che creano sempre nuovi desideri e sempre nuove aspettative, sempre nuove promesse di facili “felicità”. Felicità in realtà surrogate e transitorie, che poi puntualmente sfociano in un’eterno senso di insoddisfazione e incompletezza, nella trappola della dipendenza dai consumi e dall’approvazione altrui … e nell’incessante corsa senza fine dietro ai desideri, corsa incapace di nutrire ed arricchire più stabilmente il nostro sé più profondo. La società dei consumi e della tecnologia avanzata ci induce a considerare ogni cosa come merce, giungendo fino alla “mercificazione della vita stessa”: noi stessi diventiamo “merci”, da promuovere e pubblicizzare sui social networks e nella vita: siamo in perenne affanno di apparire, di sfoggiare benessere, perfezione e felicità, di cercare approvazione, notorietà, attenzione, rispettabilità … di essere “merce” consumabile, “vendibile”.
Il consumismo diventa abitudine e poi “entra nel sangue” diventando carattere, senso di creare, affermare e trarre la nostra “identità” dalla nostra “libertà” di acquistare merci e “venderci” come merce, di trovare facile “gratificazione” e “felicità” istantanea … “Consumo, dunque sono” !
Pubblicato nel 2007, questo libro di Zygmunt Bauman, profetico e sempre attuale, delinea le caratteristiche del consumismo, della società e della cultura consumistica, dei suoi “danni collaterali”, spesso taciuti. Manipolati, crediamo di essere liberi, cerchiamo la felicità nel materialismo, nell’esteriorità e nella notorietà, ma puntualmente restiamo insoddisfatti, con un vuoto interiore ed un senso che ci manchi sempre qualcosa. E, la cosa peggiore, è che non ci ribelliamo. Anzi, consideriamo “difettoso” chi non consuma: giudichiamo ed emarginiamo chi è povero, per scelta o non, attribuendogli tutta la “colpa” di non essere un “consumatore perfetto e persona rispettabile”. Il consumismo degenera nel considerare la felicità una questione puramente individuale, dominata dall’attaccamento al materialismo, all’esteriorità, al prestigio e alla popolarità, degradando il senso dell’etica, della solidarietà e dell’appartenenza ad una società/comunità. Tutto è visto e trattato come merce, persino le persone. I rapporti personali diventano perciò meno profondi, più labili, “liquidi”, eliminabili o sostituibili come merci in qualunque istante e legati più all’utilità del momento che alla profondità dei sentimenti e alla solidità dei valori. E’ la società dell’individualismo.
Buona lettura e buone riflessioni, con l’augurio che tutti noi possiamo diventare consumatori più consapevoli, liberi da attaccamenti, avversioni e manipolazioni, ritrovando dentro noi stessi un senso di connessione più profonda con noi stessi e con gli altri … per una società migliore, fondata su vera ricchezza di valori, qualità del cuore e nutrimento per l’anima.
[Maurizio Brigandì, volontario progetto PienEssere APS]