“Io temo tanto la parola degli uomini. Dicono tutto sempre cosí chiaro: questo si chiama cane e quello casa, e qui è l'inizio e là è la fine. E mi spaura il modo, lo schernire per gioco, che sappian tutto ciò che fu e sarà; non c'è montagna che li meravigli; le loro terre e giardini confinano con Dio. Vorrei ammonirli, fermarli: state lontani. A me piace sentire le cose cantare. Voi le toccate: diventano rigide e mute. Voi mi uccidete le cose.” Rainer Maria Rilke In questi bellissimi versi, il poeta ci parla della sua diffidenza verso un uso indiscriminato della parola da parte degli uomini. Accontentandosi di nominare le cose, essi stanno perdendo sempre di più quel sentimento di meraviglia che accompagna ogni viaggio di scoperta. “A me piace sentire le cose cantare”, invece “Voi mi uccidete le cose”. Il monito di Rilke arriva diritto al cuore, soprattutto di chi ha a cuore l’importanza e il valore della parola nella relazione di cura. Se le parole sono tanto importanti, quali parole per la Cura? Come scegliere quelle giuste, appropriate al momento e al contesto? Che tipo di relazione intercorre tra parola e silenzio, parola e sguardo, parola e gesto, parola e respiro? Infine, come possiamo dare forma e senso alle parole che utilizziamo nel nostro lavoro, facendo attenzione non solo al significato, ma anche al loro suono? Ne parleremo ancora nei prossimi appuntamenti.

Allenare il coraggio del cuore con l’audacia dell’aprire il regalo
50 crediti ECM
Allenare il coraggio del cuore con l’audacia dell’aprire il regalo 3-5 dicembre 2027 Con Marinella Visconti e Sanda Stojkovic …ringrazio il cielo che le
