
Incontri a Kardze, Tibet orientale, maggio 2016
In alto, sulla collina, il monastero e in basso, in un’ampia vallata, la cittadina.
Kardze è un crocevia di genti tibetane e anche cinesi, che vi transitano giornalmente, dirette in ogni parte del Kham, e oltre i suoi confini.
La cittadina, come tante altre nelle regioni tibetane della Cina, è in veloce trasformazione. Nuovi edifici, completamente fuori contesto, sorgono ovunque. Le strade sono animate da quei viaggiatori, soprattutto tibetani: mercanti e pellegrini, monaci, famiglie con bambini. Alcuni di loro sono carichi di bagagli, d’oggetti appena acquistati e di prodotti portati dalle montagne. Entrano nei negozi, acquistano e vendono, trattano con i conducenti dei taxi, affollano il mercato alimentare, si fermano nei ristorantini, fanno visita al vicino monastero. Sono tipi umani eterogenei. Vengono dalle cittadine di recente modernizzazione, dagli altopiani freddi e assolati e dalle cosiddette “rong”, le valli profonde, ricoperte di fitte foreste e tagliate da fiumi impetuosi. Fino a una ventina d’anni fa, erano ancora zone remote, abitate da popolazioni chiuse, di indole indipendente.
Raggiungo il gõnkhang, il “tempio dei protettori”. L’interno è riccamente decorato con dipinti e, specialmente, con statue di divinità dall’aspetto terrifico e pacifico.
Le prime hanno il compito di tenere lontane le forze malevole, E poi, incredibilmente, tenuto conto del fatto che siamo in Cina, vedo il volto del Dalai Lama che emerge da due grossi schemi. La sua voce chiara impartisce insegnamenti buddhisti. Non mi aspettavo questa libertà in un periodo nel quale il controllo esercitato, da parte delle autorità cinesi, sulla vita, specialmente religiosa, dei tibetani era diventato quasi asfissiante. Ma, nelle regioni tibetane appartenenti alla Provincia del Sichuan, il grado di libertà nella pratica religiosa di cui godevano le popolazioni locali, variava da Prefettura a Prefettura, da Contea a Contea, secondo le inclinazioni dei governatori locali e i rapporti tra il governo e le comunità tibetane. In una Contea, dunque, poteva essere proibito mostrare le immagini del Dalai Lama mentre in un’altra vicina i suoi insegnamenti erano disponibili per tutti.
Al mercato alimentare scambio qualche parola con un uomo alto e robusto, dall’aria benevola. Il suo viso è dolce, con tratti quasi femminili. Loden è’ un mercante del Nyarong, una regione che, nel passato, non godeva di buona fama. Alla fine del secolo scorso, i viaggiatori raccontavano di aver incontrato, in quelle valli, genti dure, riservate e diffidenti verso i forestieri e gli stranieri. Loden m’invita a seguirlo per il pranzo in una taverna vicina, gestita da una famiglia tibetana, è accogliente. I clienti sono tutti tibetani. Ordiniamo zuppe di spaghetti, quelli cinesi, accompagnati da vegetali. Mangiamo lentamente, in silenzio. Poi, iniziamo una piacevole conversazione. Apprendo del villaggio di Loden, dell’allevamento di yak e cavalli, gestito dai fratelli, e del suo lavoro di mercante d’oggetti d’artigianato religioso, prodotti da artigiani del suo paese. Apprendo anche dei cambiamenti nella vita sociale e culturale del Nyarong, perdita della coesione tra le persone e delle consuetudini tradizionali, innescati dalla costruzione di nuove strade e dall’apertura economica della regione al resto del
Tibet e alla Cina.
Siede accanto a me una giovane donna. Tiene tra le braccia il figlio di dodici mesi. E’ arrivata a Kardze il giorno precedente insieme al marito, anche questi un mercante, che tratta prodotti medicinali. La sua voce dolce e leggera colpisce oltre misura. Mi rivolge la parola, desiderosa di conoscere da dove vengo, che cosa mi ha spinto a viaggiare così lontano dd casa e, indicando l’apparecchio fotografico che ho con me, se guadagnerò dei soldi con le immagini ottenute in quei giorni. La donna racconta di appartenere a una comunità di nomadi.
Vivono nell’area prossima al monastero di Dzogchen, più a nord. Quando le chiedo della natura e delle montagne di quel territorio, il suo viso s’illumina. “E’ una terra idilliaca”, afferma sorridendo, “una terra alla quale sono molto legata.
Comprende pascoli lussureggianti e fitte foreste, in presenza delle montagne delle nevi eterne, dimore delle divinità.”
Foto: Loden, Kardze, maggio 2016