
Fratelli e sorelle del Dharma, Sapi, Ladakh 2005
La salita in costa, tra praterie, piccoli appezzamenti coltivati e rare case coloniche, è piacevole. Il cielo terso e la luce calda annunciano l’arrivo dell’autunno. Il sentiero porta in una valle incassata, percorsa da un allegro torrente. Origina da un lago, il Kangri Norbu, “Gioiello della montagna delle nevi eterne”, la meta di quell’escursione.
Incontriamo grossi massi isolati, caduti, in un passato più o meno lontano, dalle pareti rocciose che serrano la valle. Intorno, dominano le stelle alpine. Forse, sarebbe opportuno chiamarle “himalayane” o “tibetane”. Sono presenti con specie diverse, alcune nane, ricoperte di abbondanti apparati piliferi, altre più slanciate. In alcune località formano densi tappeti biancastri. I medici tibetani ne fanno uso per fabbricare minuti coni, bruciati in corrispondenza di punti particolari del corpo, per trattare numerose patologie. La moxibustione è una tecnica terapeutica d’ispirazione cinese.
Sui prati umidi nei pressi del torrente, accanto a pedicolari, ranuncoli e genzianelle, incontriamo il uangpo lakpa, una delicata orchidea (Dactylorhiza hatagirea). Faccio attenzione a non calpestare i fiori porpora, che primeggiano nell’erba rasa. I tuberi del uangpo lakpaa, simili. in modo stupefacente, alla mano di un bambino, sono considerati un potente tonico e afrodisiaco.
Raggiungiamo il lago poco prima di mezzogiorno. La valle qui è più ampia e luminosa. Oltre le acque biancastre, la parete completamente ghiacciata del Tonmori, “Possente alta montagna”, si eleva maestosa fino alla vetta che sfiora 6000 metri, la più elevata della valle.
Il Kangri Norbu è un lago sacro. È uno di quei laghi speciali, come il Lhamo Latso, il lago dei Dalai Lama, nelle cui acque si possono sperimentare visioni, anche profetiche. I cambiamenti di colore delle acque del Kangri Norbu, specialmente nei giorni della luna piena e di quella nuova, sono percepiti come un segno della presenza del divino.
Nel settimo mese del calendario tibetano, una festa religiosa si celebra sulle sponde del lago. I monaci eseguono rituali a beneficio delle divinità del luogo, di purificazione dagli ostacoli e dalle energie negative e, in seguito, la cerimonia del chos spun. I fedeli, giunti per l’occasione da ogni parte della valle, gettano nelle acque foglietti di carta sui quali hanno scritto il proprio nome. I foglietti galleggianti sono portatii dalla lenta corrente fino allo sbocco naturale del lago, dove le acque defluiscono nel ruscello. Prima di raggiungere l’emissario, i foglietti si avvicinano l’uno all’altro, si toccano e, talvolta, si sovrappongono, spinti, secondo la tradizione locale, dal potere sacrale che permea ogni elemento di quel luogo. I fedeli ai quali appartengono i foglietti congiunti sono riconosciuti come chos spun, “fratelli e sorelle del Dharma”, persone che condividono connessioni karmiche speciali.
Foto. Il lago Kangri Norbu, Sapi, Ladakh 2005