Ogni foglia d’albero è una pagina della Sacra Scrittura, quella del libro della natura, e contiene la rivelazione divina.”
       H. I. Khan

 

Crepitano, scricchiolano, si insinuano fra i passi. Sono le foglie d’autunno, che spesso si inoltrano anche nel freddo dell’inverno. Variopinte di tonalità accese che cambiano al passare delle settimane, creano soffici manti ovunque si ergano alberi, e soprattutto nei boschi. E’ qui che i sensi si immergono in quel fruscio che talvolta pare un sussurro che mi induce a rallentare ancora e talvolta invita a corse pazze come fossi una bimba dagli stivaletti rossi che poggia i piedi sull’ignoto. E’ magia di forme abbigliate di caldi colori. Ed è spesso un rimbalzo continuo fra i sensi e la mente, fra i sensi che chiedono soltanto di esplorare e sperimentare, e la mente che vorrebbe sapere e catalogare, che ad ogni spunto evoca ricordi e racconta storie.

La capanna sotto il generoso albicocco: ecco ciò che riaffiora quando, vagando per i sentieri collinari della mia città, mi imbatto in un gruppo di rami appoggiati ad un albero in modo che mi sembra non casuale. La luce del sole filtra fra le chiome ormai spoglie di alti alberi e illumina quella che forse è stata temporaneo riparo di bimbi in cerca di avventura. Per me e mio fratello la capanna costruita nel frutteto dei nonni intorno al tronco di un albicocco era un vero e proprio rifugio, che aveva richiesto e richiedeva inventiva, impegno, dedizione, regalandoci in cambio un mondo tutto nostro da abitare in un intenso presente.

Riprendo il cammino, sorridendo al pensiero dei miei arborei compagni di gioco dell’infanzia, disponibili in ogni stagione. Fiera, in estate, di avere lo stesso nome di quella varietà di frutti biondi e succosi, utilizzavo l’albero di prugne regina Claudia come trampolino di lancio nella neve alta di inverni molto meno miti degli attuali. La disposizione dei rami a mano aperta, plasmata nel tempo dalla sapiente potatura di mio nonno, offriva un sostegno sicuro da cui buttarsi senza paura nel manto spesso, soffice e gelido della neve.

Torno nel qui e ora, e sono ancora foglie fra i passi del mio incedere lento, che apre un varco nel silenzio. Mi lascio pervadere dalla bellezza di tronchi e rami, foglie e giochi di luce che accendono il mio stupore. E’ meraviglia che mi attraversa finchè sto nel sentire. E’ possibilità di espandermi e ritrovarmi dove il piccolo io è connesso al grande Spirito. Cammino e respiro il respiro degli alberi. Divento consapevole che il loro espiro è il mio inspiro, e che il mio espiro è il loro inspiro. Profonda è la connessione in questo scambio allo stesso tempo aperto e intimo.  Rallento e mi lascio respirare dal respiro, fra le foglie che danzano nel vento. Non sono sola, come la ragazzina sdraiata sul vecchio albero caduto a ponte sul torrente nei caldi pomeriggi estivi. Nel silenzio umano di una campagna assolata il presente si espandeva fra il gorgoglio del ruscello, lo stormire delle fronde di salici e pioppi e lo scuotersi allegro del mio cane che aveva trovato prezioso refrigerio. Non mi sento mai sola in compagnia degli alberi…

Cammino fra foglie arrotondate di querce, dentellate di carpini, e mi lascio trasportare da un flusso di forme. A tratti la mente che sa si arrende allo stupore dell’inconosciuto, allo stupore per la presenza di quei testimoni silenziosi del mio vagabondare. Ed è un silenzio denso, che esiste al di là di ogni definizione, che resta se tolgo tutto, che resta se aggiungo pensieri e parole. Ci sono istanti in cui è così poco necessaria e utile la mia mente pensante! La vita non ha bisogno di essere pensata per dispiegarsi, non ha bisogno della mia attribuzione di senso. Semplicemente esiste, semplicemente scorre come linfa nei tronchi su cui poso il mio sguardo. Per qualche istante sono creatura del bosco, sono radice, sono tronco, sono foglia…foglia fra i passi.

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