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Un azzurro che non mente più | Christian Bobin

Al cuore del libro

“La virtù della morte riguarda l’interruzione che provoca, lo stupore che ci sorprende e la ripresa necessaria a cui ci condanna. La morte ci obbliga a vedere chi siamo. Ci obbliga ad amare ogni cellula del nostro sangue perché tutto quel colore rosso presto o tardi verrà versato sulla terra. La morte è colei che interrompe grandemente, è la più grande interruzione, e le interruzioni sono per ciascuno una sorta di risveglio.

Agisce da padrona delle nostre vite.”

Ciò che vorrei dirti, stasera, amico lettore, con molta semplicità è: procurati il libro e leggilo, io non mi sento all’altezza di un tema così importante, di un libro così profondo e delicato. Tuttavia, “sono un essere umano, niente di ciò che è umano ritengo estraneo a me” (Terenzio), e quindi “Parlo per esperienza. Non credo che all’esperienza. Penso basti per illuminare tutto. Illumina i libri e i libri l’approfondiscono. La base, l’essenza di ciò che so, che non è per niente un sapere, è l’esperienza”.

Trovati un posto caldo, tranquillo, avvolgiti in una coperta morbida con una tazza di tisana profumata e immergiti in questo libro. Sono solo una manciata di pagine, una breve intervista fatta all’autore sulla morte. La morte?, ti chiederai, ma è un tema pesante, triste, la vita è già così difficile… voglio parlare di cose leggere, piacevoli… in un altro mio scritto ti dicevo che pensiamo sempre le cose sgradevoli possano capitare solo agli altri. Eppure la morte mi riguarda, e tu lo sai, sai il dolore che provoca la morte di qualcuno che ami, sai l’angoscia che genera in noi, il nostro, il mio, l’estremo abbandono, il lasciare andare, veramente, ogni cosa.

Ma questo piccolo libro, vedrai, saprà toccare delicatamente il tuo cuore. Troverai pagine poetiche e piene di luce e speranza e riflessioni profonde che, sono sicura, ti avvolgeranno come un abbraccio.

Tempo fa una ragazzina mi ha detto “mamma dice che la nonna è andata in cielo perché così  può stare ancora, e per sempre, con il nonno. Ma perché non poteva stare ancora un po’ con me? Dal nonno poteva andare poi…”

È particolare pensare alla vita ed alla morte con questa ottica geografica, di chi va, chi viene, dove va, dove rimane…; tanti luoghi, distanze, spazi e tempi diversi ed infiniti.

Lascio andare e condivido con te i pensieri che sorgono.

So che la morte di qualcuno che amo è una lacerazione infinita e profonda che, non sono sicura, si possa rimarginare completamente.

So che ho bisogno di tempo e di spazio e di qualcuno vicino che accolga in silenzio il mio dolore. Anche gli amici che accorrono a confortare il biblico Giobbe comprendono il valore della presenza silenziosa “Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore”

So che ho voglia di piangere senza che nessuno mi dica -su forza, la vita va avanti…-, ma  “Lasciatemi così/come una/cosa/posata/in un/angolo/e dimenticata” (Ungaretti).

Voglio potere avere tempo per il lutto senza che nessun saccente mi spieghi cosa sia l’elaborazione del lutto. Perché non c’è niente da elaborare. Solo aspettare che il dolore -mentre lo attraverso è infinito ed irreparabile, una lunga notte buia-, come fango in acqua limpida, si depositi sul fondo e l’acqua torni al suo trasparente chiarore, il buio si mescoli con le prime luci dell’alba, ed io riesca a vedere oltre il dolore, oltre l’assenza.  Ed allora, e solo allora, saprò che non esiste l’andare e il venire ma che siamo sempre rimasti qui, insieme.

Dove vanno, allora, coloro che muoiono? Alla bambina che mi ha fatto la domanda ho risposto sinceramente, non lo so. Ma so dove sono io, e tu, adesso, in questo istante. E noi siamo qui, respiriamo lentamente, e condividiamo la profondità di questo istante, sacro. Perché alla fine la vita è questo, il succedersi lento ed ordinato di istanti, un’infinità di lampi di luce, eterni e ciò che li rende tali è il nostro, il mio, “esserci” totalmente: “Sono libero al di là del tempo. Nascita e morte sono soltanto porte che oltrepassiamo, sacre soglie nel nostro viaggio. Nascere e morire sono come giocare a nascondersi” (Thich Nath Hanh)

“C’è un luogo-non-luogo in cui si raccolgono e sfavillano eternamente i sorrisi dei neonati, i torpori degli agonizzanti e il meglio di ciò che è avvenuto tra queste due età. Lo riconosciamo quando siamo perfettamente felici, quindi in un modo non materiale (…) talvolta per un niente, con niente. (…) Sicuramente la vita scomparirà, perché non conosce alcuna stabilità, ma noi sappiamo, nei momenti in cui ci sentiamo veramente vivi, che è per sempre”.

Amico lettore, ho condiviso con te i miei poveri pensieri su un libro straordinario. Ti auguro buona lettura. Buona meditazione. Buona vita.

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