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Diario | Etty Hillesum

Al cuore del libro

Martedì mattina [25 novembre 1941], le nove e mezzo.

“Mio Dio, prendimi per mano, ti seguirò da brava, non farò troppa resistenza. Non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in questa vita, cercherò di accettare tutto e nel modo migliore. Ma concedimi di tanto in tanto un breve momento di pace. Non penserò più, nella mia ingenuità, che un simile momento debba durare in eterno, saprò anche accettare l’irrequietezza e la lotta. Il calore e la sicurezza mi piacciono, ma non mi ribellerò se mi toccherà stare al freddo purché tu mi tenga per mano. Andrò dappertutto allora, e cercherò di non avere paura. E dovunque mi troverò, io cercherò d’irraggiare un po’ di quell’amore, di quel vero amore che mi porto dentro. Ma non devo neppure vantarmi di questo “amore”. Non so se lo possiedo. Non voglio essere niente  di così speciale, voglio solo cercare di essere quella che in me chiede di svilupparsi pienamente. A volte credo di desiderare l’isolamento di un chiostro. Ma dovrò realizzarmi tra gli uomini, e in questo mondo.”

 

Sera.

Sento la pioggia battere sui vetri, accendo una candela e sto a lungo ad osservare la fiamma nel buio. Ho bisogno di silenzio e di quiete e di penombra. Lontani i rumori della giornata.

Ascolto il mio cuore battere, respiro. Con calma leggo sussurrando “Mio Dio prendimi per mano…” e lo ripeto tante e tante volte, finché il mio cuore si arrende e si abbandona. Rimango su questa manciata di parole, ferma.

“Prendimi per mano”… un gesto così semplice, intimo…

Che mistero! Che fatica chiedere a qualcuno di prenderti per mano… lasciare andare il controllo, la forza, ed abbandonarsi fiduciosi a qualcuno, lasciarsi condurre docilmente per mano.

Provo a ricordare le volte che ho chiesto a qualcuno la mano, poche, e le tante mani che ho incontrato, che mi hanno sostenuta, afferrata, accarezzata…

Tante mani, ognuna una carezza per l’anima:  mani ruvide, terrose -di mio nonno-, mani alla vaniglia -di mia nonna-, mani gentili, mani decise, fredde, calde, piene di forza, morbide, leggere, mani di uno sconosciuto che hanno afferrato le mie mentre cadevo in montagna.

“Prendimi per mano”, per favore, ho bisogno di qualcuno che mi dia semplicemente la mano, che mi guidi; una mano dove trovare rifugio in tutti i momenti in cui credo di non potercela fare da sola “non mi ribellerò se mi toccherà stare al freddo purché tu mi tenga per mano”.

Va bene tutto “purché tu mi tenga per mano”, purché io ti senta vicino, purché tu sia luce nelle mie notti, purché io non sia sola.

Prendimi per mano: ho bisogno di te. Come è difficile dirlo. Oscillo fra le volte in cui voglio fare tutto da sola in una sorta di delirio di onnipotenza e le volte in cui vorrei che qualcuno mi leggesse nel pensiero e capisse quanto ho bisogno di accoglienza, calore, tenerezza…

Prendimi per mano, un gesto semplice, ma non ho il coraggio di chiederlo. Mi sento troppo fragile, troppo sciocca a chiedere aiuto… mi ritorna alla memoria un versetto di Isaia recita “nell’abbandono confidente sta la vostra forza”.

Eppure… quanto è complicata la semplicità: accettare la fragilità come un valore, imparare l’arte di chiedere la mano, lasciarsi andare, mollare le redini del controllo, abbandonarsi, con fiducia totale e incondizionata.

Così nella libertà dell’abbandono potrò non avere paura e permettere all’amore di espandersi e “d’irraggiare”. L’amore come i raggi del sole, l’amore che per potersi esprimere chiede di spogliarsi dalle rigidità, chiede di fidarsi ed affidarsi.

Un amore semplice, quotidiano, fatto di piccole cose.

Solo così posso essere, e vivere la mia vera natura, essenziale, vera, luminosa: “voglio solo cercare di essere quella che in me chiede di svilupparsi pienamente”

Questa frase-preghiera mi ha toccato il cuore.

Come ti ho detto, amico lettore, l’ho letta e riletta un’infinità di volte ed ogni volta suscitava in me emozioni e pensieri diversi. Ti propongo di fare lo stesso e trovare ciò che è più risonante al tuo cuore.

Certamente conosci l’autrice, Etty Hillesum, e certamente conosci questo libro stupendo, il suo diario.

Un diario appunto non un libro qualunque.

Ti suggerisco di tenerlo vicino a te e, di tanto in tanto, sfogliarne qualche pagina, così, lentamente. Leggi con calma qualche riga, qualche frase qua e là perché, davvero, non è un libro da leggere –un libro che inizi e finisci seguendo la trama con la curiosità di sapere come va a finire-  ma un libro pronto-soccorso, una magica medicina da prendere a piccole dosi, un regalo per i momenti speciali, un compagno da meditazione.

È poesia in prosa da gustare e meditare lentamente, in silenzio, immaginando di sorseggiare un vino raro e prezioso.

E allora, compagno di letture, trova un angolo comodo e caldo nella tua casa, respira lentamente e profondamente e regalati qualche pagina di questo diario meraviglioso. Buona meditazione.

Etty Hillesum, Diario

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