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Cinque inviti – Come la morte può insegnarci a vivere pienamente | Frank Ostaseski

Al cuore del libro

Il silenzio profondo non è semplicemente una pausa fra due suoni. È una quiete interiore che viene avvertita nel cuore, silenziosa come la neve appena caduta su un passo di montagna. Questo silenzio ci fa uscire sia dal credere sia dal non credere. Ci porta al di là del conosciuto, oltre il linguaggio, nel sacro.

Il silenzio è la risposta naturale alla presenza del sacro, indipendentemente da dove sorga. Attraverso di esso diventiamo consapevoli della maestà dell’ordinario, ossia della bellezza, dell’unità e della profondità del sacro che è sempre intorno e dentro di noi.”

Frank Ostaseski, Cinque inviti – Come la morte può insegnarci a vivere pienamente

Il silenzio “è una quiete interiore che viene avvertita nel cuore, silenziosa come la neve appena caduta su un passo di montagna”.

Come è possibile commentare o aggiungere qualcosa a questa frase che è, in sé, perfetta e meravigliosa? E te lo dico, amico lettore, mentre sono qui che scrivo dalla mia postazione preferita –poltrona-coperta-tisana-libro- e fuori nevica. Amo la neve, da sempre; amo vedere nevicare e seguire la danza dei fiocchi di neve, amo i prati subito dopo una nevicata in cui il bianco è perfetto e luminoso, amo la trasformazione del mondo reale in un mondo magico e fantastico, amo le montagne coperte di neve, amo i ricordi e le storie ambientate nella neve. Ma più di tutto amo il momento in cui, svegliandomi un mattino d’inverno, sento un silenzio perfetto, ovattato, dove suoni e rumori arrivano morbidi e gentili e so, prima ancora di aprire la finestra, che la notte ha nevicato ed accolgo con sguardo incantato il mondo là fuori bianco, perfetto. Un miracolo, dove anche il cuore più inquieto, trova pace, fosse anche solo per un istante. Il silenzio perfetto… che dono prezioso!

Faccio fatica, amico mio, a parlare di questo libro, ho fatto fatica a trovare una citazione con cui iniziare il mio scritto. Ho persino pensato di pubblicare la foto del libro con una sola e semplice didascalia: abbi cura di te – leggere molto lentamente, parola per parola, curando il silenzio fuori e dentro di te.

Poteva bastare, davvero. Ed ogni mia parola in più superflua.

Perché è un libro semplice semplice, vero, dove l’autore condivide con te il suo percorso umano (e lavorativo) e ti racconta come lui ha messo in pratica, e quindi come tu puoi mettere in pratica, nel concreto, nel quotidiano, gli insegnamenti sull’essere presenti qui ed ora, sull’ascolto non giudicante, sull’esercizio profondo dell’amorevole gentilezza e della compassione, nel lavoro che svolgi, negli incontri con le persone che ti sono accanto ma, soprattutto, avendo cura compassionevole di te stesso. E se tu ti puoi prendere cura di te, con gentilezza, allora puoi prenderti cura dell’altro.

Nonostante le mie parole, potresti pensare ad un libro triste e noioso, e magari non hai voglia di leggere nulla che riguardi la morte, perché ti fa paura, perché preferisci evitare certi argomenti macabri, perché qualcuno vicino a te è morto e tu stai ancora soffrendo. Ed hai ragione: pensare alla propria morte fa paura, la morte dell’altro ci apre il cuore al dolore. Eppure, te lo dico con le parole di Ostasesky, “quando entriamo in contatto con la natura precaria dell’esistenza, apprezziamo anche tutto il suo valore” e ancora “la morte è un tempo di crescita, un processo di trasformazione. La morte ci apre alle più profonde dimensioni della nostra umanità. La morte risveglia la presenza, cioè un’intimità con noi stessi e con tutto ciò che è vivo”.

Come vedi, amico lettore, ho iniziato e termino di scrivere utilizzando le parole dell’autore perchè… perché non ne trovo altre più precise, più significative, più adatte. Ostasesky, davvero, un grande maestro. È un libro che a me ha fatto davvero del bene e spero possa essere così anche per te.

Buona meditazione.

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