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Andare avanti guardando indietro

Al cuore del libro

“Uno dei principi più celebri [delle strategie belliche], descritto nel trattato militare L’arte della guerra del generale cinese Sun Tzu, è ≪arretrare per avanzare≫. Questo paradosso (…) ci ammonisce a ricordare i pericoli della vittoria: se l’armata si spinge troppo in profondità nel territorio nemico c’è il rischio che venga tagliata fuori dalle linee dei rifornimenti e si trovi all’improvviso in una situazione critica; se si vince con troppa facilità una battaglia o una guerra (…) c’è il rischio di sedersi sugli allori e di venire sorpresi da un rovescio della sorte (…); se in qualsiasi campo della vita ci arride il successo, rischiamo di dimenticarci quanto esso sia effimero (…).

Coerentemente con questa filosofia, il principio del passaggio all’indietro ci ricorda che quando si è forti si è potenzialmente deboli: proprio nel momento in cui abbiamo la situazione in mano, per portare a termine il compito può essere utile effettuare un dietro front, una battuta d’arresto, effettuare una diversione dalla traiettoria, mettere in salvo quanto è già stato conquistato. Soprattutto, conviene saper resistere all’impulso di concludere contando solo su noi stessi: il gesto del passare all’indietro fa dell’umiltà una virtù strategica”

Mauro e Mirco Bergamasco con Matteo Rampin, Andare avanti guardando indietro

 

Per ragioni che ignoro mi ritrovo questo libro fra le mani. Non ricordo come sia arrivato da me, né di averlo mai letto ma mi incuriosisce e così, in un pomeriggio d’estate, mi sistemo in giardino e inizio a leggere.

Mi colpisce il titolo, andare avanti guardando indietro, un controsenso, ma la lettura si fa interessante e allora provo a condividere con te i miei pensieri…

Come si fa ad andare avanti e, contemporaneamente, guardare indietro?

Mi torna in mente mia nonna che, per spronarmi a fare le cose, ripeteva “avanti Savoia” ed io sapevo, allora, che pur nell’ironia di quelle parole, dovevo sbrigarmi. Ed in realtà è sempre un procedere, un andare avanti, spesso a fatica, a qualunque costo, perché la fermata è vista come una resa, una roba da fragili. E la vita stessa è una corsa in avanti, talmente impegnati nella corsa da perdere la consapevolezza del dove si vuole arrivare e perché. Ho riflettuto spesso su questo correre per correre, andare avanti,  senza fermarsi, senza perdere tempo a guardare indietro, come se la fermata, il guardarsi indietro fosse una sorta di inutile zavorra, come un atleta che corre con uno zaino di pietre sulla schiena. Perché alla fine la metafora “bellica” è radicata in ognuno di noi in modo tale da diventare un metro di paragone, uno stile di vita: vincere o perdere, avanzare o arretrare, qualsiasi ambito della nostra vita si trasforma in una sfida, in un campo di battaglia. E la vittoria, sinonimo di forza e potenza, diventa riferimento e valore assoluto, una sorta di luce abbagliante –e ammaliante- che non permette più di vedere-ricordare lo sforzo,  la fatica e il dolore e l’affanno che è costata “la” vittoria. E ciò che ho ottenuto, valeva veramente tanta fatica, tante manovre militari?

Ora, mentre sono qui, nel prato a discorrere con te, non sono più tanto sicura di sapere cosa significa “vincere” e se, realmente, valga tanto sforzo, e se, ancora, questo gioco del vincere e perdere, che tanta parte ha ed ha avuto nella mia vita, non possa essere riposto ed iniziare un gioco diverso, un gioco di pace, senza vittoriosi o sconfitti.

Ritorno al testo sul rugby… il rugby un gioco di squadra dove nessuno è vincitore senza il gruppo: se si vince, si vince tutti. Ed in effetti, per avanzare bisogna arretrare, guardare se ho qualcuno alle spalle, qualcuno che, contemporaneamente, è rimasto indietro ma mi copre anche le spalle, una specie di angelo custode -e mentre lo scrivo mi viene da ridere se penso ai giocatori di rugby che corrono per il campo generalmente coperti di fango, bell’angelo custode, altro che abito bianco ed ali candide!-.

In ogni caso al gioco dell’eroe solitario inizio a pensare si possa sostituire il gioco del vincere tutti, e se prima ho detto che questa dialettica dei vinti-vincitori non mi convince- posso pensare al gioco del camminare insieme, semplicemente camminare, camminare lento, un passo alla volta, dove ogni passo è assoluto, contiene in sé il tutto, non ho bisogno d’altro. Si procede insieme, non si lascia indietro nessuno. Mentre avanzo ho la responsabilità per chi mi precede e per chi è indietro, essere una cosa sola, sentire la fatica di chi arranca e di chi corre, e trovare con calma il mio passo, il mio posto, nel qui ed ora. Si può, posso. E mentre lo scrivo so quanto sia difficile, uscire dall’arena dei combattenti, per essere semplicemente sé stessi e curare pace, quiete, silenzio, respiro… sinceramente ti dico che qualche volta ci riesco e qualche volta no.

Nessuna battaglia, nessun vincitore, nessun vinto. Solo la ferma intenzione di curare la pace.

Amico lettore, tu guarda che pensieri dalla lettura di un libro sul rugby! Un amico una volta mi diceva che la verità va cercata ovunque e che spesso è nascosta negli angoli più reconditi, in effetti…

Ti auguro di trovare qualcosa di interessante per te in questo piccolo e gradevole libro e magari, perché no, guarda qualche partita di rugby, uno sport spettacolare e che ha molto da insegnare.

“Festina lente”.

Buon gioco.

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